Frammenti di luce

21 Settembre 2018

<< Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace […] A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo […] allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.>> (cfr Efesini, 4, 1-7.11-13).

La vocazione (alla vita, quella fondamentale all’amore, al matrimonio, alla vita sacerdotale e consacrata) e i doni ricevuti ci vengono elargiti non per edificare/gonfiare l'<io> ma il “corpo di Cristo”. Verità, questa, conosciuta ma vissuta con difficoltà; a volte, perfino oscurata e negata. Pensiamo come viene vissuta la vocazione coniugale all’interno delle relazioni coniugali e familiari: questa vocazione orienta tutte le energie dei soggetti a edificare il corpo di Cristo costituito dai membri di quella coppia e di quella famiglia? Oppure c’è un inutile dispendio di energie con palesi o latenti conflittualità? Analoga riflessione possiamo – e dobbiamo! – farla per la comunità presbiterale, le comunità ecclesiali e religiose: facciamo tutto per edificare il corpo di Cristo? Oppure ciascuna comunità, in modo diverso, tende a coltivare il suo “orticello”, quindi il proprio “io” individuale e/o collettivo? <<Vieni, Santo Spirito, ravviva la vocazione e i doni ricevuti perché possiamo orientarli generosamente all’edificazione del “corpo di Cristo” e di ogni suo membro a beneficio dell’intero corpo sociale …>>. Buona giornata! P. Antonio.

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