Frammenti di luce

Frammenti di Luce.

Quarta Parola: <<Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»>> (Mt 27, 46). *Il gemito-grido dell’umano: Gesù come vero uomo sperimenta la sua terribile «notte oscura»: l’oscurità e la desolazione dell’uomo nel culmine del suo dolore, ben oltre quello fisico. *Papa Benedetto XVI afferma che il grido di abbandono di Gesù <<non è un qualsiasi grido di abbandono. Gesù recita il grande Salmo [22] dell’Israele sofferente e assume così in sé tutto il tormento non solo di Israele, ma di tutti gli uomini che soffrono in questo mondo per il nascondimento di Dio. Egli porta davanti al cuore di Dio stesso il grido d’angoscia del mondo tormentato dall’assenza di Dio. Si identifica con l’Israele sofferente, con l’umanità che soffre a causa del «buio di Dio», assume in sé il suo grido, il suo tormento, tutto il suo bisogno di aiuto e con ciò, al contempo, li trasforma. […] Mentre Gesù pronuncia le parole iniziali del Salmo è però, in ultima analisi, già presente il tutto di questa magnifica preghiera – anche la certezza dell’esaudimento che si manifesterà nella risurrezione. […] Il grido nell’estremo tormento è al contempo certezza della risposta divina, certezza della salvezza – non soltanto per Gesù stesso, ma per «molti».>> (“Gesù di Nazaret. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla risurrezione”, pp. 239-240). *«Esperienza della “notte oscura” di Santa Teresa di Calcutta». Madre Teresa – diversamente da come appariva – ha sperimentato per anni e anni una tremenda oscurità interiore: profonda solitudine e sensazione di assenza di Dio. Leggiamo qualche stralcio dei suoi scritti (cfr  Madre Teresa, “Sii la mia luce”). Nella lettera del 26 febbraio 1954 all’arcivescovo di Calcutta, Ferdinad Périer, Madre Teresa lo rendeva partecipe della sua prova interiore: <<La mia anima rimane in una profonda oscurità e nella desolazione. No, non mi lamento. Che Egli faccia di me qualsiasi cosa Lui voglia>>. Sempre all’arcivescovo Périer nel febbraio del 1956 scriveva: <<Eccellenza, vorrei dirle una cosa, ma non so come esprimerla. Io bramo, con uno struggente desiderio, di essere tutta di Dio, di essere santa in modo tale che Gesù possa vivere appieno la Sua vita in me. Più voglio Lui, meno sono voluta. Voglio amarlo come Lui non è mai stato amato, eppure c’è quella separazione, quel terribile vuoto, quella sensazione dell’assenza di Dio.>>. E ancora, nella lettera 27 marzo 1956 gli scriveva: <<Per favore, preghi per me, affinché Dio si compiaccia di sollevare questa oscurità della mia anima solo per qualche giorno. Perché a volte l’agonia della desolazione è così grande e allo stesso tempo il desiderio dell’Assente così profondo che l’unica preghiera che riesco ancora a dire è: «Sacro Cuore di Gesù, confido in Te. Sazierò la Tua sete di anime»>>. Madre Teresa, se da una parte sperimentava il sentimento di solitudine, di abbandono, di non essere voluta, del buio nell’anima, quindi dell’oscurità che le impediva di percepire la presenza di Gesù dentro di lei, dall’altra ella riconosceva Gesù «sotto il volto sfigurato dei poveri». E da quella «oscurità» sbocciava e cresceva una concreta fecondità spirituale e materiale.  *<<Stando a tutte le testimonianze esistenti, Madre Teresa sarebbe rimasta in questa condizione di fede «oscura» e di abbandono totale fino alla morte, offrendo fino alla fine quel dono nascosto e meraviglioso.>>. * Penso che ci sia di consolazione, quanto lei ebbe a dire: <<Se mai diventerò una santa, sarò di sicuro una santa dell’oscurità. Sarò continuamente assente dal Paradiso per accendere la luce a coloro che, sulla terra, vivono nell’oscurità>> (Lettera a padre Neuner, 6 marzo 1962). Con questa consapevolezza, preghiamo: <<Spirito Consolatore, sostienici nelle nostre “notti” e “desolazioni” … >>. Buon cammino nella luce dell’esperienza dei santi! P. Antonio Santoro omi

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